Consigli per tutti e anche qualche film decisamente sconsigliato, così da evitare rischi.
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Di seguito le recensioni di: Qualcosa di travolgente, Racconto di primavera, Sideways – In viaggio con Jack, California Suite, E ora qualcosa di completamente diverso.
Via al volume 32! (qui l’archivio con tutti gli altri volumi, e qui tutti i film in ordine alfabetico)
Qualcosa di travolgente (Something Wild)
Jonathan Demme, 1986

Avete mai desiderato di incontrare un/a seducente sconosciuto/a che vi prenda a bordo della sua auto e vi trascini in giro per giorni in una fuga amorosa all’insegna dell’avventura e del rischio?
È esattamente quanto capita in questo film – tra i primissimi successi di Jonathan Demme (Il silenzio degli innocenti, Philadelphia) – al consulente finanziario e tranquillo padre di famiglia Jeff Daniels, che in un bar ha la fortuna o la sfortuna di incrociare Melanie Griffith, qui in versione donna irresistibile ma totalmente imprevedibile.
Nel giro di pochi minuti i due sono in viaggio lontano da New York, poco dopo fanno l’amore in un motel, la sera stessa sono a cena dalla madre di lei e il giorno dopo alla riunione di classe dei compagni del liceo. Il resto è uno strano ma frizzante ibrido tra commedia, road movie, storia d’amore pazzerella e alcuni anomalissimi risvolti thriller.
Risvolti principalmente incarnati da Ray Liotta nella parte dell’ex marito di lei appena uscito dal carcere, con un’elettrica performance d’esordio che fa chiedere come mai, a parte Quei bravi ragazzi, il suo talento e quella faccia da divo non lo abbiano reso una star vera e propria.
La Griffith, con una parrucca a caschetto alla Anna Karina, un libro su Frida Kahlo in mano che ne fa la hipster originaria e uno spirito sensuale e fin troppo libero, è la metà ideale di un Daniels mai così simpaticamente ordinario, forse anche lui in seguito meno fortunato di quanto avrebbe meritato come attore protagonista.
Alcuni elementi, dalla grafica alla bella colonna sonora, anticipano Spike Lee e il suo stile colorato, e nonostante i cambi di tono siano a volte troppo sorprendenti e il film prenda una piega meno riuscita rispetto al suo inizio, si vuole davvero bene ai protagonisti, simpatici e ribelli come gli eredi di un Godard d’annata.
Racconto di primavera (Conte de printemps)
Éric Rohmer, 1990

Una caratteristica che accomuna Éric Rohmer ai grandi romanzieri ottocenteschi alla Balzac è la sua scelta da vero maniaco ossessivo di progettare la sua intera filmografia in cicli tematici spalmati lungo interi decenni: i Sei racconti morali (1962-‘72), le Commedie e proverbi (1980-’87) e i Racconti delle quattro stagioni (1990-’98), di cui questo è il primo capitolo.
Non si tratta però di film con protagonisti ricorrenti o trame collegate, ma di storie tutte diverse con al centro un certo problema filosofico o un trait d’union ambientale, storie tutte comunque unite, dal primo all’ultimo film del regista, da un unico tratto distintivo: l’amore per la parola, il dialogo, la chiacchiera, la conversazione, anche a discapito della presenza di una trama.
Come spesso in Rohmer, qui le protagoniste sono due donne sole, graziose, un po’ nevrotiche ma indipendenti e sagge, nello specifico una trentenne professoressa di liceo e una studentessa ventenne: si conoscono a una festa e da quel giorno vanno a vivere insieme stabilendo un forte legame di singolare amicizia.
Le cose si complicheranno un po’ quando tra il padre della più giovane e la prof. nascerà un reciproco interesse favorito dalla figlia, ma non c’è certo da aspettarsi un tragico dramma o un’avventura appassionante: tutto si svolge all’insegna garbata di lunghi dialoghi fin troppo letterari e graziose attrici più naturali che mai, come spiate di nascosto nei loro atteggiamenti più quotidiani e ordinari.
Un film educato, in cui gli innamorati a cena discutono di Kant, si danno del lei e chiedono il permesso prima di prendere la mano dell’altro: un po’ troppo inconsistente nella trama per coinvolgere davvero, ma d’altronde Rohmer ha sempre fatto variazioni sullo stesso film, e con lo stesso tipo di pregi e difetti.
Sideways – In viaggio con Jack (Sideways)
Alexander Payne, 2004

Cos’è che ci fa amare i personaggi di un film quando li mettiamo su un mezzo di locomozione e li seguiamo nel loro peregrinare? In questo mistero risiede la fortuna del road movie, e Sideways non fa eccezione, soprattutto perché i suoi due protagonisti sarebbero probabilmente irresistibili anche senza spostarsi di un centimetro.
Nello specifico, parliamo di Miles (Paul Giamatti) e Jack (Thomas Haden Church), due migliori amici di mezz’età che non potrebbero essere più diversi: misantropo, intellettuale e fuori forma il primo; compagnone, istintivo e aitante il secondo. In occasione del matrimonio di Jack, i due si concedono un’ultima settimana di libertà viaggiando in auto attraverso i vigneti della California, con Miles a fare da cicerone esperto di Pinot e Chardonnay e Jack più intento a corteggiare le sommelier locali.
Sarà un’occasione di riscatto soprattutto per Miles, da troppo tempo immusonito con la vita a causa dei suoi fallimenti lavorativi e personali, che grazie all’aiuto del vitalismo incosciente dell’amico e a una donna che ama il vino ancora più di lui troverà un motivo per non lasciarsi andare.
Non è una sorpresa scoprire che il regista Alexander Payne, di cui questo è probabilmente ancora oggi il maggiore successo, sia un estimatore del Sorpasso di Dino Risi: Giamatti e Church sono la perfetta reincarnazione di Gassman e Trintignant, ma la loro intimità da amici di lunga data condita da bisticci senza fine li rende ancora più meritevoli del nostro affetto.
Un inno alla rinascita personale e una commedia spesso esilarante, consigliatissima anche se non sapete distinguere un Merlot da un Tavernello (che oltretutto per Miles probabilmente si equivalgono).
California Suite
Herbert Ross, 1978

Tre storie diverse che si intersecano in pochi giorni in un albergo di Los Angeles, secondo un impianto teatrale che riprende la commedia omonima di Neil Simon, a quanto pare un fan del genere alberghiero visto che già pochi anni prima aveva scritto Appartamento al Plaza.
I primi protagonisti su cui ci si focalizza sono una coppia di divorziati che si rivedono dopo anni per discutere della figlia adolescente: sono Alan Alda e Jane Fonda, e passano il tempo del loro incontro sfidandosi ad insultare i rispettivi stili di vita, con lei newyorchese doc che non capisce come l’ex si sia potuto adattare alla mollezza californiana.
La seconda coppia è quella formata da due monumenti britannici come Michael Caine e Maggie Smith, con lei nella parte di un’attrice in città per partecipare come concorrente alla notte degli Oscar, e lui compagno-confidente con un segreto.
Ci sono poi due coppie di cognati, tra cui Bill Cosby e Richard Pryor, che si ritrovano in una vacanza da incubo, e infine il buon vecchio Walter Matthau, che dopo aver passato la notte con una giovane prostituta deve nascondere l’ingombrante presenza alla moglie che il giorno dopo arriva a visitarlo.
Gli sfottò infiniti tra New York e L.A. sono gli stessi su cui gioca da decenni Woody Allen, e anche qui il cast è di altissimo livello, con una Jane Fonda forse più brava di tutti e una Maggie Smith che per ironia della sorte vinse un Oscar come attrice non protagonista per questa parte in cui è candidata al premio.
Purtroppo però gli episodi rapidamente diventano ripetitive scene teatrali di battibecchi infiniti, con encomiabili inserti più profondi (Caine è bisex, Fonda dubita di sé come madre), lasciando però all’insieme un sapore di grande acume dialoghistico al servizio di storie troppo deboli, in cui perfino la farsa per eccellenza di Matthau si risolve senza sfruttare affatto la situazione.
E ora qualcosa di completamente diverso (And Now for Something Completely Different)
Ian MacNaughton, 1971

I Monty Python sono un’istituzione nazionale britannica, e il loro umorismo surreale, sempre in bilico tra la finissima erudizione e la demenzialità più crassa, li rende amatissimi ormai da più di cinquant’anni.
Il gruppo comico formato da Graham Chapman, John Cleese, Eric Idle, Terry Jones, Michael Palin e il futuro grande regista Terry Gilliam esordì infatti sulla BBC nel 1969 con lo show a episodi Monty Python’s Flying Circus, un blob di sketch comici uno più strambo e avveniristico del precedente.
Be’, questo film non è che una versione sintetica delle decine di puntate di quel programma, e fu infatti messo in piedi girando nuovamente alcuni sketch già andati in onda in tv con l’obiettivo di fare breccia anche tra il pubblico americano. Per l’Italia ci sarebbe voluto ancora un bel po’, visto che da noi il film fu distribuito solo nel 1992…
Decine di situazioni diverse, alcune protratte per diversi minuti e altre per pochi secondi (da notare un montaggio di metafore sessuali visive poi ripreso pari pari in Una pallottola spuntata), un continuo balletto tra idiozia, surrealtà e genialità, con un disclaimer: se non vi fanno impazzire, basterà poco perché il film vi annoi.
Come una barzelletta tirata troppo per le lunghe stufa, anche qui il rischio è che dopo la risata per la trovata iniziale della scena, il resto non consista che nello stiracchiarla fino alle estreme conseguenze. Nota per nerd: per un gruppo il cui Monty Python e il Sacro Graal (1975) era stato affidato al doppiaggio del Bagaglino, questa volta l’adattamento italiano è fedelissimo.
Come sempre, ogni stroncatura di capolavori immortali o apprezzamento di schifezze immonde è pubblicata in piena facoltà di intendere e di volere e non è sottoponibile ad azione penale da parte di cinefili offesi nell’animo.
Alla prossima puntata! (qui l’archivio con tutti gli altri volumi, e qui tutti i film in ordine alfabetico)
Sideways è uno dei miei film della vita, oltre ad esser stato una delle più belle esperienze cinematografiche di sempre (l’ho visto 3 volte al cinema, record). Degli altri non ho visto niente…
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Wow, 3 volte! :O Sì, grande film, ci vorrebbe un seguito all’altezza per sapere come sono andate poi le cose… Per gli altri, secondo me “Qualcosa di travolgente” ti piace! Niente di particolarmente profondo, ma molto frizzante.
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Ne terrò conto, in effetti mi stuzzica!
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