Consigli per tutti e anche qualche film decisamente sconsigliato, così da evitare rischi.
Se un film tra quelli recensiti vi incuriosisce, provate a dare un’occhiata all’app JustWatch per scoprire se per caso sia disponibile su Netflix, Prime Video, RaiPlay, Infinity o altre piattaforme di streaming (non mi pagano per la pubblicità!).
Di seguito le recensioni di: Strange Days; L’appartamento; Harry, ti presento Sally…; L’ultimo capodanno; Four Rooms + BONUS MUTO: La febbre dell’oro; Il carretto fantasma.
Via al volume 27: Speciale Capodanno 🥳! (qui l’archivio con tutti gli altri volumi, e qui tutti i film in ordine alfabetico)
Strange Days
Kathryn Bigelow, 1995

Questo film fa parte della schiera ormai abbastanza ampia di opere di fantascienza in cui il futuro rappresentato è oggi passato, e in questo caso anche da un bel po’. La vicenda (scritta da James Cameron e diretta dall’ex moglie Kathryn Bigelow) è infatti ambientata negli ultimi giorni del 1999 e vede come protagonista Larry Nero (Ralph Fiennes), un ex poliziotto riciclatosi come spacciatore. In particolare, Larry tratta una nuova forma di sballo denominata squid, una tecnologia che attraverso un mini-cd e una sorta di cuffia permette di far vivere in prima persona esperienze già vissute da altri.
Lo squid viene quindi usato per esperienze oggi realizzabili come la pornografia virtuale in soggettiva (o, per i più romantici, per cristallizzare il tempo perduto), ma viene anche adoperato per scopi illegali, e Larry verrà coinvolto in un intricatissimo giro criminale a causa di alcuni video scottanti.
Dopo due ore di azione, parole poco comprensibili (“Hai mai jackato? Hai mai zigoviaggiato?”) e cattivoni da fumetto come nella miglior tradizione anni ’90 da The Mask a Il corvo, tutto culminerà nel mezzo di un’enorme festa a Times Square per l’arrivo del nuovo millennio, tra musica e palloncini.
Il film è stato notoriamente stroncato da Nanni Moretti in un’esilarante scena di Aprile (1998), in cui si pente di essere andato al cinema a vederlo con la moglie incinta (“Questi film poi influenzano i bambini, influiscono sul carattere…”), ma in realtà non merita affatto tanto accanimento, e anzi sotto la patina action contiene anche un’interessante riflessione sulla memoria.
L’appartamento (The Apartment)
Billy Wilder, 1960

Non è facile trovare film che si possano descrivere al contempo come deliziose storie romantiche e come spietati apologhi sui rapporti di potere della società contemporanea: questo lo è, e non per niente è considerato una delle migliori commedie di sempre.
La storia è quella di C.C. Baxter (per il doppiaggio italiano argutamente soprannominato “Ciccibello”), anonimo contabile con la faccia da buono di Jack Lemmon, che ogni giorno passa le sue otto ore negli enormi uffici di una compagnia di assicurazioni newyorchese.
Il piccolo segreto di Baxter è il suo appartamento, che grazie al passaparola è diventato un nido d’amore per vari suoi superiori, i quali glielo chiedono spesso in prestito per portarci le varie amanti e in cambio gli garantiscono scatti di carriera. Il problema sorge quando anche l’addetta all’ascensore del suo ufficio (Shirley MacLaine), della quale è innamorato, passa per il suo appartamento come amante del suo capo, creando un conflitto d’interessi notevole.
Il tutto avrà come epilogo la notte di Capodanno nell’appartamento del titolo, e coinvolgerà in un finale memorabilmente tenero un piatto di spaghetti, una racchetta da tennis e un mazzo di carte.
Quella che, vista da un altro punto di vista, è una vicenda incredibilmente squallida di adulterio, letti a ore, servilismo e cinismo capitalista, riesce miracolosamente a diventare nelle sapienti mani di Wilder una delicata storia d’amore realista, in cui i protagonisti sono tutt’altro che puri ma nondimeno ci scaldano il cuore a ogni visione.
Harry, ti presento Sally… (When Harry Met Sally…)
Rob Reiner, 1989

Col rischio di dimenticare qualche altro capolavoro, quello che L’appartamento (1960) e Io e Annie (1977) sono stati per gli anni Sessanta e Settanta, questo film è per gli anni Ottanta, ovvero la più bella commedia romantica del decennio.
Harry Burns e Sally Albright (Billy Crystal e Meg Ryan) sono due neolaureati che per caso nel 1977 affrontano insieme un viaggio in macchina da Chicago a New York, e sarà il primo di diversi incontri che faranno nascere prima una sincera amicizia tra single, e poi qualcosa di più. I due sono quanto di più diverso: lui una versione appena meno nevrotica di Woody Allen, convinto che “Uomini e donne non possono essere amici, perché il sesso ci si mette sempre di mezzo”, perennemente cinico e pessimista; lei un’ottimista educata e fin troppo razionale, che crede nell’amore vero ma (in una memorabile scena) sa anche dimostrare quanto sia facile fingere un orgasmo.
Nonostante questo, come da tradizione gli opposti si attraggono, anche se ci vorranno due feste di capodanno consecutive perché lo capiscano entrambi.
La sceneggiatura di una donna, Nora Ephron (poi regista di altri classici come Insonnia d’amore e C’è posta per te), fornisce per una volta uno sguardo acuto anche sul punto di vista femminile (rafforzato dalla presenza di Carrie Fisher come amica di Sally), e i dialoghi scoppiettanti tra le due visioni del mondo aggiornano perfettamente quegli scontri tra sessi che un tempo erano di Cary Grant e Katharine Hepburn.
Due attori impossibili da non amare, una colonna sonora jazzata, le foglie d’autunno di Central Park, i capelli di Meg Ryan e una delle dichiarazioni d’amore più citate di sempre fanno il resto, e il film perfetto per una coppia è servito.
L’ultimo capodanno
Marco Risi, 1998

È l’ultima notte dell’anno al complesso residenziale “Le isole” sulla via Cassia, e per alcuni dei protagonisti del film sarà anche l’ultima notte di sempre. Tra i palazzi borghesi di Roma Nord si delineano diverse storie incrociate: c’è la moglie tradita (Monica Bellucci) che durante il cenone medita di vendicarsi del marito (Marco Giallini!); il serio professionista (Alessandro Haber) che ne approfitta per farsi maltrattare da una dominatrice; due giovani (Claudio Santamaria e Max Mazzotta) che mentre la mamma (Iva Zanicchi) è in salotto, si chiudono in camera a fumare erba; tre ladri (tra cui l’eterna coppia Ricky Memphis-Giorgio Tirabassi) che discutono tarantinamente di olive ascolane mentre si apprestano a svaligiare un appartamento; un gigolò campano (Beppe Fiorello) che, ospite di una cena tra nobili, si ritrova la casa invasa di ex amici cafoni capitanati da Adriano Pappalardo in versione Hulk Hogan.
C’è anche altro, ma basti dire che l’intreccio di storie porterà a un finale folle tra esplosioni, arti amputati finiti tra le lenticchie, piogge dorate, vomito, lassativi, colla allucinogena, fucili da pesca, fucili da caccia, scosse elettriche e ingegneri norvegesi di ritorno dall’oltretomba.
Non male per un film italiano: Marco Risi, figlio d’arte e già promotore di quel neo-neorealismo anni Ottanta alla Mery per sempre, assume un giovane Niccolò Ammaniti come co-sceneggiatore e gli fa adattare per lo schermo il suo racconto L’ultimo capodanno dell’umanità (1996). Il risultato è un impasto di follia grottesca che in quel periodo poteva affiorare nel cinema nostrano (viene in mente anche Paz! di Renato De Maria), con un cast assurdo in cui può capitare di vedere una Bellucci ancora priva di quell’aura da diva eterea e muta, tanto da essere sposata addirittura a un giovanissimo Giallini.
A un certo punto però il grottesco prende un po’ troppo la via del cinepanettonesco, ci si disaffeziona ai personaggi e il finale è un trionfo di pulp portato all’eccesso, che fa immaginare Ammaniti divertito mentre scrive la sceneggiatura pensando di scandalizzare chiunque. Purtroppo il film venne ritirato dai cinema dopo soli tre giorni dall’uscita e rimesso in circolazione l’anno successivo, e in entrambi i casi gli spettatori da scandalizzare furono molto pochi.
Four Rooms
Quentin Tarantino, Robert Rodríguez, Alexandre Rockwell, Allison Anders, 1995

Le uniche tre ragioni per cui questo film è qui sono: 1) perché è un film ambientato la sera di San Silvestro, 2) perché è la prima cosa partorita da Tarantino dopo il successo di Pulp Fiction, 3) per invitarvi a evitarlo come la peste.
La qualità è infatti decisamente bassa, e stupisce che per arrivare a questo risultato ci si siano messi in quattro tra i registi emergenti del cinema indipendente americano degli anni Novanta: il già citato Tarantino, il suo compagno di merende Rodriguez (Dal tramonto all’alba, Sin City, Machete), i dimenticati Allison Anders e Alexandre Rockwell (il cui ruolo più noto è quello di marito di Jennifer Beals – nella realtà come al cinema – incontrato da Nanni Moretti in Caro diario).
Dopo dei titoli di testa a cartoon in stile Pantera rosa, si dipanano quattro episodi ambientati in quattro stanze di un hotel di Los Angeles, con la costante di un fattorino interpretato da un Tim Roth insopportabile, tutto mossette e birignao da film muto.
Nel primo, un sabba di moderne streghe seminude che include Madonna e Valeria Golino convince il fattorino a donare loro l’”ingrediente” mancante alla loro pozione; nel secondo, Jennifer Beals è una moglie che si diletta in giochi di ruolo sessuali col marito, e con l’occasione snocciola una serie di sinonimi del pene che manco il Benigni dei tempi d’oro; nel terzo, Antonio Banderas e sua moglie escono lasciando i loro due bambini al fattorino-baby sitter, ma i due si riveleranno più pericolosi di una calamità naturale; nel quarto (di Tarantino), alcuni membri del jet set hollywoodiano coinvolgono Roth in una folle scommessa: se uno non riuscirà ad accendere il proprio Zippo per dieci volte di fila, gli verrà tagliato il mignolo con una mannaia.
Il salvabile è la fotografia, molto accesa e con grandangoli fumettistici, il montaggio divertente dell’episodio dei bambini pestiferi e l’idea dell’episodio tarantiniano, che però non è di Tarantino ma riprende un episodio della nuova serie di Alfred Hitchcock presenta del 1985 (L’uomo del sud), a sua volta ripreso da un episodio della prima serie del 1960, a sua volta tratto dal racconto La scommessa di Roald Dahl.
Nota a margine: il film su alcuni canali come Amazon Prime e Sky è stato ridoppiato in modo vergognoso, secondo una pratica ormai frequente e troppo spesso lasciata correre.
BONUS MUTO: per chi abbia fegato e una dose di cinefilia nell’animo superiore alla norma, tra i film consigliati per Capodanno si possono includere anche due film muti degli anni Venti:
La febbre dell’oro (The Gold Rush)
Charlie Chaplin, 1925
Uno dei film più riusciti di Chaplin, qui come al solito nei panni del vagabondo e per una volta in trasferta nelle fredde terre del nord, dove come tanti altri si reca con la speranza di trovare l’oro tra i fiumi innevati. Tra orsi, nevi perenni, case a picco sullo strapiombo, coinquilini molesti e ballerine di tabarin, le risate e le scene spettacolari saranno assicurate. Dov’è il Capodanno? Nel film c’è anche la notte di San Silvestro, che il vagabondo passa da solo nella sua baita aspettando invano le ballerine della città, per le quali immagina di mettere su uno spettacolino a base di panini danzanti che resterà immortale.
Il carretto fantasma (Körkarlen)
Victor Sjöström, 1921
Sono il primo a ritenere che non sia facile, nel 2020, reggere un intero lungometraggio muto che non sia coinvolgente e comico come un Chaplin o un Buster Keaton. In questo caso però la pazienza potrebbe essere ripagata dall’alto livello di poesia e atmosfera, con una storia di redenzione in terra svedese a metà tra Ghost e Canto di Natale.
Ispirato a una leggenda scandinava sul carretto della Morte, il cui cocchiere va sostituito l’ultima notte dell’anno, questo film narra la storia di un clochard (Sjöström, poi indimenticabile protagonista de Il posto delle fragole di Bergman in tarda età) che dopo la morte ripercorre i suoi tanti peccati, e trova la sua redenzione.
Se ancora non avete voglia di guardare il film, sappiate che Stanley Kubrick l’ha fatto, visto che l’onnipresente scena di Shining in cui Jack Nicholson sfonda ad accettate una porta è ripresa pari pari da questo film.
Come sempre, ogni stroncatura di capolavori immortali o apprezzamento di schifezze immonde è pubblicata in piena facoltà di intendere e di volere e non è sottoponibile ad azione penale da parte di cinefili offesi nell’animo.
Alla prossima puntata! (qui l’archivio con tutti gli altri volumi, e qui tutti i film in ordine alfabetico)
A proposito di Capodanno consiglio il bellissimo “Fruitvale Station”, che si svolge proprio la notte di San Silvestro e racconta la storia di Oscar Grant. Grandissimo film
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ah, grazie, non conoscevo proprio! Comunque se hai tempo da perdere ti consiglio di vederti due minuti delle scene in cui c’è Bruce Willis in Four Rooms su Amazon: credevo sul serio di stare manifestando dei danni neurologici mentre guardavo, perché le voci in italiano erano uno schifo :O
"Mi piace""Mi piace"