La recensione di Kevin Can F**k Himself: arriva la situation tragedy

Strano destino quello della sitcom: nata praticamente insieme alla televisione stessa alla fine degli anni Quaranta, ha conosciuto un successo ininterrotto per decenni prima di arrivare a una brusca caduta nelle nuove produzioni a partire dagli ultimissimi anni. Dopo lo spegnimento degli ultimi fuochi rappresentati da How I Met Your Mother (2005-2014) e The Big Bang Theory (2007-2019), infatti, il paradosso attuale è quello di una tv che predilige altre forme di comicità senza risate preregistrate e telecamera fissa (seguendo la lezione di The Office), e di un pubblico che in preda alla nostalgia si abbuffa di vecchi episodi di Friends o Seinfeld sui servizi di streaming.

Che la sitcom sia un oggetto del passato, pronto ormai per essere manipolato e trasformato con attitudine postmoderna, lo dimostra in maniera lampante la prima stagione in otto episodi della nuova serie prodotta da AMC, diffusa in Italia su Amazon Prime Video e ideata da Valerie Armstrong, dal titolo già piuttosto esplicativo di Kevin Can F**k Himself.

Se si decidesse di guardare il primo episodio della serie senza leggere alcuna recensione, quello che si vedrebbe sullo schermo nei primi minuti sarebbe una scena che abbiamo visto da decenni in OGNI situation comedy: il salotto di una casa media statunitense, una moglie trentacinquenne carina e intelligente (la rivelazione dell’anno Annie Murphy), un marito fuori forma e vicino all’idiozia totale (Eric Petersen), un vicino di casa compagno di mattane costantemente ospite, e un’immancabile risata di sottofondo.

Kevin, questo il nome dell’uomo di casa, è un bambino troppo cresciuto, di quelli che innescano folli battaglie con i vicini, che considerano la visione della partita di football sacra, e soprattutto che considerano la moglie una minus habens quando è chiaramente il contrario.

La mogliettina Allison, però, che in una sitcom normale sopporterebbe con uno sbuffo di rassegnazione le follie coniugali e in fondo gli confesserebbe di volergli bene così com’è, stavolta non ci sta, e questo cambia tutte le carte in tavola.

Con uno stacco di montaggio improvviso, infatti, dopo qualche minuto Kevin esce dalla stanza e tutto cambia: le luci sparate e l’inquadratura fissa che, casi della vita, furono introdotte da un ex maestro dell’espressionismo tedesco nella tv americana, scompaiono, e tutto diventa più grigio, reale e serio.

Secondo l’invenzione geniale della serie (l’unica, purtroppo), quando Kevin non è presente in scena tutta l’atmosfera da sitcom svanisce, le risate fanno posto al silenzio, e l’episodio si trasforma in una storia drammatica, ideologicamente impegnata e tendente più allo humor nero che alla grassa risata.

Sì, perché la trama non-sitcom di Kevin Can F**k Himself è incentrata su una Allison che, arrivata all’esasperazione nel sopportare un marito che non ha niente a che fare con lei, decide addirittura di ucciderlo. La serie si preoccuperà di illustrarci il come, e nel frattempo ci darà una lezione di femminismo nel farci capire che forse non solo Allison potrebbe essere giustificata, ma in generale ogni donna che abbia a che fare con un uomo del genere lo sarebbe, o c’è il rischio che un marito dei tanti finisca per diventare Presidente.

Il rischio, però, è che la parte in forma di sitcom sembri quasi più verosimile e godibile di quella realistica: per quanto tutti nella vita almeno una volta siamo rimasti sbalorditi per l’assortimento di certe coppie, nella vita reale – e quindi anche nella parte di serie che non ci chiede di sospendere l’incredulità “perché è una sitcom” – risulta davvero difficile immaginare una adorabile Annie Murphy che sia sposata da quindici anni con un cretino obeso che dimostra il doppio degli anni.

Senza contare che non se ne può più di questi personaggi onnipresenti nelle serie tv contemporanee, in questo caso la vicina di casa, che odiano tutti, che rispondono male, che non vogliono amici e hanno il broncio costante, e viene quasi voglia di crogiolarsi con sguardo ironico e consapevole nella comicità idiota di Kevin e dei suoi amici, il che è probabilmente l’opposto dell’intento della serie.

L’America triste e di provincia, in cui i farmacisti spacciano pillole e le donne insoddisfatte lavorano da anni nello stesso negozio di liquori, ricorda quella di Breaking Bad (2008-2013) o di Weeds (2005-2012), anche quelle serie basate sul contrasto tra apparenza e realtà, oppure quel gioiellino di Pleasantville (1998), in cui i protagonisti finivano in un mondo in bianco e nero che ricordava proprio una sitcom anni Cinquanta.

In questo caso però non c’è la scrittura geniale di un Vince Gilligan, e il mix tra crimine, insoddisfazione famigliare, storie omosex, rinascite di mezz’età e vendetta femminista forse è un po’ troppo, col risultato che la serie non sa dove andare a parare quando la storia principale, ovvero la maniera per uccidere Kevin, non è al centro.

Rimane un contrasto straniante tra i due diversi tipi di intrattenimento, una grande idea di partenza, un ottimo lavoro di riproduzione dell'”oggetto sitcom” e un discorso interessante sul ruolo femminile nella società e nella narrazione televisiva, ma ci si chiede quanto la vita “realistica” sia abbastanza ben scritta da non farci desiderare dopo qualche minuto di tornare nel mondo colorato con le risate in sottofondo.

La prima stagione di Kevin Can F**k Himself è disponibile in Italia su Amazon Prime Video a partire dal 27 agosto 2021.

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