A proposito dei Ricardo (Being the Ricardos)
Aaron Sorkin, 2021

3 nomination: migliore attrice protagonista a Nicole Kidman, migliore attore non protagonista a J.K. Simmons, migliore attore protagonista a Javier Bardem
Quanti di voi conoscono la sitcom I Love Lucy? No, non รจ su Netflix. E non รจ che non la conosciate perchรฉ รจ appena uscita, nรฉ perchรฉ รจ una roba per pochi. Anzi, ha avuto piรน spettatori di quanto le piรน acclamate sitcom contemporanee non possano sognare, ma molti al giorno dโoggi non la conoscono minimamente, perchรฉ I Love Lucy รจ andata in onda sulla CBS ben settantโanni fa, dal 1951 al 1957.
Il fatto che Aaron Sorkin, maestro della sceneggiatura giร autore di The Social Network, L’arte di vincere, Steve Jobs e della mitica serie The West Wing, abbia scelto di dedicare un film a questa sitcom รจ giร un motivo di giudizio, un poโ come per il Mank di David Fincher un anno fa: da una parte cโรจ la dedizione nel ricostruire in modo accurato ed elegante episodi lontanissimi, dallโaltra ci si chiede quanti, soprattutto fuori dagli USA, al giorno dโoggi abbiano veramente interesse per eventi tanto minuti e dimenticati.
A proposito dei Ricardo รจ infatti la ricostruzione di una sola settimana nella vita di Lucille Ball (Nicole Kidman) e Desi Arnaz (Javier Bardem), marito e moglie nella vita reale e protagonisti di I Love Lucy noti come coniugi Ricardo nella finzione televisiva. Attraverso una cornice di (finte) interviste contemporanee agli autori della sitcom che rievocano quei giorni, viene presentata la quotidianitร dietro le quinte dello show e vengono raccontate le vite dei protagonisti attraverso degli ulteriori flashback.
I dialoghi, manco a dirlo, sono sopraffini, le interpretazioni strepitose (se si passa sopra al fatto che la faccia di Nicole Kidman ha ormai poco di umano), compreso un ottimo J.K. Simmons non protagonista, e nellโinsieme il film รจ un interessante spaccato di unโAmerica maccartista, bigotta e sessista.
Un ottimo prodotto di nicchia, che perรฒ sembra fatto piรน per i nerd della materia che per un pubblico contemporaneo.
Donโt Look Up
Adam McKay, 2021

4 nomination: miglior film, miglior montaggio, migliore colonna sonora originale, migliore sceneggiatura originale
Eccolo qui, il film che, uscito su Netflix il 24 dicembre 2021, ha conciliato innumerevoli digestioni natalizie e come da copione ha ricevuto il testimone da ร stata la mano di Dio nei trend dei social network prima di far posto a qualche nuova produzione Netflix pronta a sostituirlo una settimana dopo. ร lo streaming, bellezza, e tu non puoi farci niente.
Al di lร delle modalitร distributive, perรฒ, Donโt Look Up รจ un film decisamente godibile, che fa ridere ad alta voce piรน volte durante le sue (eccessive) due ore e venti, e riesce pure a creare inaspettati momenti di pathos che lo rendono qualcosa di piรน di un semplice film satirico.
Dopo degli ottimi titoli di testa godardiani, nemmeno un minuto e la premessa cโรจ giร tutta: gli scienziati Jennifer Lawrence e Leonardo DiCaprio scoprono che una cometa tra sei mesi distruggerร il mondo. A quel punto, si tratta di convincere i poteri forti che bisogna correre ai ripari, ma con la presidente degli Stati Uniti (una Meryl Streep senza freni) che ricorda da vicinissimo Donald Trump, e con un popolo assuefatto alle idiozie narcisiste dei social, non sarร semplice farsi ascoltare.
Il film brilla nei momenti di ottima satira su un poโ tutti i vizi contemporanei, e si fa amare grazie alle grandi prestazioni autoironiche di star come DiCaprio, qui imperdibile nel rifare il Peter Finch โincazzato neroโ di Quinto potere (1976), o a flirtare con una geniale Cate Blanchett dai denti inquietantemente finti. In generale, perรฒ, รจ un sollievo il solo fatto di vedere un film cosรฌ costoso che si occupi di prendere in giro lโidiozia generalizzata, e non delle solite epiche seriose a base di supereroi o drammoni impegnati.
Poi certo, si puรฒ dire che questa roba esisteva, in forma meno patinata, dai tempi di Idiocracy (2006) o Team America: World Police (2004), ma era da tanto che il cinema americano non metteva in campo cosรฌ tante star (perfino unโautoironica Ariana Grande) per criticare la propria societร e farci capire che, dal cambiamento climatico al Covid a Trump, in tutto questo non cโรจ nulla di inverosimile.
Felicitazioni allโormai onnipresente Timothรฉe Chalamet che, complice lโimminente fine del mondo, รจ riuscito anche a farsi una pomiciata con Jennifer Lawrence.
Spencer
Pablo Larraรญn, 2021

1 nomination: migliore attrice protagonista a Kristen Stewart
Un film di Pablo Larraรญn su una donna giovane, bella, ricca, famosa ma terribilmente infelice, icona di stile ma anche simbolo di solitudine e sfortuna. No, non รจ a Jackie (2016), dedicato a Jacqueline Kennedy, che mi riferisco, ma al piรน recente Spencer, che a complemento del nome proprio usato lโultima volta, รจ intitolato come il cognome da nubile di Lady Diana, indimenticata โprincipessa del popoloโ anche a venticinque anni dalla morte.
A quanto pare si tratta di un feticismo del regista cileno, che anche qui si diletta in elegantissime carrellate tra corridoi di palazzi nobiliari e primissimi piani sul volto di una disperata e bravissima (seppur costantemente sussurrante) Kristen Stewart, intenta a rappresentare Lady D nel suo momento di massima esasperazione nei confronti della famiglia del marito.
Siamo nei primissimi anni Novanta, cโรจ una riunione della famiglia reale per Natale e dopo dieci anni di matrimonio la tensione tra Carlo e Diana รจ piรน che palpabile, e porterร nel giro di pochi anni a un chiacchieratissimo divorzio a base di tradimenti reciproci, disordini alimentari e reazioni poco amabili da parte di una suocera ingombrante come la regina dโInghilterra.
La precisione formale รจ kubrickiana, cosรฌ come i corridoi e le apparizioni fantasmatiche alla Shining; le musiche jazzate e inquietanti di Jonny Greenwood lo confermano come un compositore ormai piรน che navigato; gli immodificabili riti monarchici sono ben riproposti e il senso di controllo e paranoia ricorda Loro di Sorrentino; l’angoscia da prigionia รจ palpabile, eppure alla lunga viene data troppa enfasi alle malinconie della principessa triste, e lโeccesso di empatia in questo caso non fa bene al film. Un Jackie 2 che non eguaglia l’originale.
ร stata la mano di Dio
Paolo Sorrentino, 2021

1 nomination: miglior film internazionale
Alla fine รจ tornato, ed รจ tornato fino in fondo: con ร stata la mano di Dio, uscito al cinema il 24 novembre e su Netflix il 15 dicembre, Paolo Sorrentino ha fatto sรฌ il suo attesissimo ritorno in sala dopo il mezzo passo falso di Loro (2018), ma รจ anche tornato a Napoli, alla sua giovinezza, ai suoi dolori piรน profondi, alla genuinitร perduta e alla parte piรน intima e finora celata di sรฉ.
Come รจ ormai noto dopo il battage pubblicitario per un film che lโItalia ha candidato allโOscar e che รจ stato distribuito in decine di Paesi da un colosso dello streaming, ร stata la mano di Dio non รจ โsolo un filmโ di Sorrentino, ma ne racconta in modo semi-autobiografico una fase cruciale della vita, quella di unโadolescenza che nel suo caso รจ finita nel modo piรน tragico.
Per quanto gli eventi narrati non siano un segreto, in questa sede ci limiteremo a dire che nel 1987 il diciassettenne Sorrentino si ritrovรฒ improvvisamente ad affrontare la vita con addosso un dolore e una serie di responsabilitร molto maggiori che in passato.
Quel dolore, come รจ ovvio, non ha mai abbandonato lโautore del Vomero, ma solo ora, a cinquantโanni, ha avuto il coraggio di raccontarlo vincendo il suo pudore per una vicenda tanto privata, e lโha fatto scegliendo di rinunciare a ogni… [il resto della recensione, giร pubblicata in un articolo precedente, รจ a questo link].
La persona peggiore del mondo (Verdens verste menneske)
Joachim Trier, 2021

2 nomination: miglior sceneggiatura originale, miglior film in lingua straniera
Candidato allโOscar come miglior film internazionale per la Norvegia, questa piccola rivelazione dellโultima stagione รจ stata lanciata come โuna commedia romantica per chi odia le commedie romanticheโ, e la definizione risulta piuttosto azzeccata.
Protagonista รจ la trentacinquenne di Oslo Julie (Renate Reinsve, miglior attrice a Cannes e sosia nordica di Dakota Johnson), che โ come da titolo โ non fa nulla per essere la ragazza ideale di tanti film, e nonostante tutto รจ impossibile non amare. In un film dalla struttura piรน libera che mai, organizzato in capitoli e ricco di strane follie di stampo Nouvelle Vague che spezzano la continuitร narrativa, Julie ci viene mostrata come giovane donna insicura delle sue aspirazioni e compagna di Aksel, quarantacinquenne fumettista di successo.
Potrebbe sembrare lโennesima storia dโamore, ma gli sviluppi saranno decisamente inaspettati, contro ogni clichรฉ, e toccheranno aspetti ludici e tragici, spesso decisamente adulti, disorientando a piรน riprese ma riuscendo a rappresentare bene una generazione disagiata e le sue manie, dai social al #MeToo, dagli esperimenti con le droghe allโinsoddisfazione lavorativa e quindi esistenziale.
Uno spirito truffautiano, quindi sbarazzino e insieme serissimo nellโaffrontare quel tema tanto normalizzato che รจ lโamore, che raramente ha avuto rappresentazioni cosรฌ verosimili al cinema, senza filtri che puntino al carino o allโedificante ma anzi qui visto in modo piรน trasparente che mai nelle situazioni piรน quotidiane come in quelle piรน drammatiche.
La parte finale puรฒ risultare fin troppo dolorosa rispetto al resto del film, ma dร al tutto una gravitas inattesa che non puรฒ lasciare indifferenti.
I segni del cuore (CODA)
Sian Heder, 2021

3 nomination: miglior film, miglior attore non protagonista a Troy Kotsur, migliore sceneggiatura non originale
Intitolare un film I segni del cuore nel 2022, soprattutto per chi abbia consumato Boris e la sua immaginaria soap opera Gli occhi del cuore, puรฒ voler dire allontanare una cospicua parte di pubblico. ร anche vero che non sono in molti a sapere cosa si intenda per โCODAโ, titolo originale e termine che, secondo la mania tutta statunitense per gli acronimi di qualsiasi parola piรน lunga di tre lettere, indica un โChild Of Deaf Adultsโ, ovvero un โfiglio di adulti sordiโ.
ร questa la condizione di Ruby, liceale deliziosamente interpretata dalla ex bambina prodigio Emilia Jones, che รจ lโunica persona udente della sua famiglia composta dai genitori e dal fratello maggiore. I quattro sono proprietari di un peschereccio e sgobbano duramente ogni notte senza grandi soddisfazioni economiche, ma รจ indubbio che siano molto uniti, nonchรฉ molto simpatici. Ruby, perรฒ, essendo lโunica in grado di avere un rapporto senza bisogno di intermediazioni col mondo, sente molto su di sรฉ il peso del suo ruolo di interprete perenne, e quando a scuola scopre di avere un dono per il canto, i suoi sogni rischiano di essere in contrasto con i bisogni dei suoi famigliari.
Strano oggetto cinematografico questo I segni del cuore: remake di un film francese del 2014 (La famiglia Bรฉlier), presentato al Sundance Film Festival (e quindi teoricamente marchiato come โfilm alternativoโ), nonchรฉ molto presente nelle candidature agli Oscar e affini, si tiene sempre nel mezzo tra queste premesse e un classico film per famiglie disneyano, dalle parti di Sister Act o Free Willy โ Un amico da salvare.
Il film fila che รจ un piacere, il cast รจ straordinario (cโรจ anche la Marlee Matlin che nel 1987 aveva vinto lโOscar per Figli di un dio minore), la scelta dei pezzi in colonna sonora รจ ottima, dai Clash a Marvin Gaye a Joni Mitchell, ma a volte lโeccesso di buoni sentimenti e di audizioni stile X Factor si spinge troppo in lร .
In ogni caso, probabilmente il film piรน classico e amabile tra i candidati agli Oscar 2022, di quelli in cui i fazzoletti a disposizione non sono mai troppi.